Adriana Marmiroli/Film Tv

Terzo appuntamento con i ragazzi d'Italia intervistati e raccontati nella “serie” Volti-Viaggio nel futuro d'Italia da Daniele Segre. Dopo i ragazzi della Scuola di Teatro di Torino, dopo i figli degli albergatori di Bellaria, tocca oggi a quelli che lavorano nell'Associazione di volontariato “La Locomotiva” di Capodarco Veneto (a seguire quelli del magazine no-profit “Vita” di Milano, e quelli della scuola di animazione di Chieri, mentre la puntata conclusiva racconterà alcuni temi portanti non affrontati nelle altre: l'amore, la morte, la famiglia…).«Ho trovato ragazzi molto disponibili – ci racconta Daniele Segre che proprio in questi giorni sta seguendo il debutto torinese del suo spettacolo Vecchie -. II programma nasce da una mia proposta alla Rai: una specie di viaggio in Italia attraverso il racconto della gente comune. è piaciuto e mi hanno dato come “tema” quello dei giovani. A questo punto mi sono concentrato su alcune realtà di gruppo che mi permettessero di avere più persone da intervistare. Prima c'è stata una fase preparatoria: sono andato a “visitarli”, fermandomi tra loro per circa una settimana ciascuno: mi permetteva di conoscerli meglio e a mia volta di farmi conoscere e accettare. Poi è scattata la seconda fase: pianificazione del lavoro da lontano, quindi le riprese. Che sono avvenute tra luglio e ottobre 2003. Ogni giorno facevo una media di otto interviste. Un lavoro defatigante, fatto di grande concentrazione: non siamo abituati ad ascoltare. Ascoltare stanca». Poi ha smembrato le interviste (primi piani di under 30 che si raccontano con semplicità e sincerità) e le ha rimontate alternandole a scene di vita quotidiana. «Ho scelto temi che potessero far capire meglio il senso della vita di questa generazione. Senza mai voler catalogare chi parlava. Un elemento comune però c'è: la volontà di tutti di fare scelte personali e di crescere. Non è una generazione fortunata: ha più strumenti per analizzare e superare le difficoltà, ma non ha certezze». Circa la scelta di girare parte a colori (le interviste) e parte in bianco e nero (gli spezzoni di vita dei ragazzi), Segre sostiene che è stato per indicare il diverso approccio con cui ha affrontato i momenti del suo lavoro e comunque dare una “forma” unificante al racconto: il realismo a colori di quella che chiama la “camera operatoria” e il bianco e nero (nitido e scandito) della vita. Una serie che, confessa gli piacerebbe poter riprendere e completare: a Sud.